Sam Samore

Galerie Gisela Capitain, Cologne, Germany

Questa mostra unisce due serie di fotografie: The Suicidist del 1973 e The Suicidist (continued) del 2003.

«Nella serie rivisitata, The Suicidist (continued), che include immagini realizzate tra il 2003 e il 2006, Samore passa da interni e ambientazioni quotidiane, abbigliamento casual e un punto di vista a media distanza, a spazi più austeri, ciascuno inquadrato in modo stretto, con l'artista che appare vestito in modo impeccabile. L’hippie/studente delle foto del 1973 è ora un uomo d’affari internazionale, facilmente intercambiabile con qualsiasi altra figura aziendale in abito scuro. Questa trasformazione della vittima/protagonista è particolarmente evidente in immagini che riecheggiano diverse composizioni precedenti, in particolare una in cui un corpo è accasciato su una scrivania cosparsa di pillole. Avvicinando la macchina fotografica alla scena, Samore coinvolge maggiormente lo spettatore — come se fosse appena arrivato sul posto e avesse scoperto il corpo — creando un’atmosfera onirica. Interpretando sia l'attore che il regista, Samore inscena la propria morte in vari modi — strangolato con il cavo del telefono, asfissiato, in overdose — ed esplora una psicologia macabra in opere che sono al contempo cinematografiche e documentarie. Queste immagini in bianco e nero evocano sia il film noir contemporaneo che l’indagine su una scena del crimine, offrendo al contempo un’inquietante variante dell’autoritratto» (Bob Nickas).

«Il lavoro fotografico di Sam Samore è legato all’arte post-concettuale degli anni ’70. Nelle sue note opere filmiche degli anni ’90 Allegories of Beauty (Incomplete) e negli Situations degli anni ’80, l’artista ha realizzato immagini iconiche sulla bellezza, la rivalità antagonista, il voyeurismo, la narrazione non lineare e il personaggio isolato, naufrago del proprio dramma esistenziale. L’autorialità, la percezione dell’individuo nello spazio pubblico e l’attenzione alla compostezza fisica sono aspetti centrali di queste immagini enigmatiche. All’inizio della sua carriera, Samore studiò psicologia, il che lo portò a creare nel 1973 un nuovo corpo di lavori: The Suicidist, che stabilì il tono per le sue successive rappresentazioni dell’anti-eroe/eroina. Un interesse per i dispositivi letterari, i miti e le favole, lo storyboard cinematografico e l’esposizione narrativa divennero temi ricorrenti nel suo lavoro. Installazioni basate sul testo, opere sonore e video hanno arricchito ulteriormente le sue ricerche. Invece delle eroina americane esaltate e romantiche delle film stills di Cindy Sherman dello stesso periodo, Samore incarna in parte l’angoscia esistenziale e la comicità anarchica della Nouvelle Vague. Anticipando la cultura della medicalizzazione pre e post-millenaria — la cosiddetta “società delle pillole” — il suo lavoro si allinea a una tradizione letteraria che vede l’autore/artista come martire creativo. Il cadavere cinematografico è anch’esso un elemento di The Suicidist, come si vede nelle scene finali di À Bout de Souffle di Godard, dove il corpo senza vita di Belmondo giace su una strada di Parigi. Tuttavia, l’epilogo narrativo della rigidità cadaverica non è assegnato solo alla fotografia. Il dipinto di Manet Le Toréador Mort mostra un torero disteso al suolo, un corpo privo di vita vestito con gli abiti sontuosi di un uomo di spettacolo, ora ridotto a sagoma e forma sulla tela.

Il dipinto di Manet può essere considerato un precursore del realismo cinematografico e del rapporto proporzionale tra corpo e inquadratura nell’obiettivo della macchina da presa» (Max Henry).

Gennaio 13, 2007
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