Nel suo lavoro precedente, Samore ha esplorato la relazione tra cinema e pittura attraverso una colorazione monocromatica, utilizzando gli strumenti della narrazione e il discorso postmoderno sull’inquadratura dell’azione, lo sviluppo dei personaggi e la sospensione dell’incredulità. Queste nuove opere, meno legate al cinema e più alla pittura, emanano invece un senso di mistero. Gli attori in posa assumono l’aura della maschera, quasi in stile kabuki. Come nel film Persona di Ingmar Bergman, anche qui Samore gioca con la frammentazione del sé come mezzo alternativo di rappresentazione, ponendo delle domande: Come ci presentiamo al mondo e agli altri? E, nonostante la vicinanza psicologica, geografica o fisica con gli altri, viviamo comunque le nostre vite da soli? Come spettatori, non possiamo fare a meno di voler attribuire una narrazione a queste immagini, ma esse rifiutano il racconto. Invece, questo lavoro rivela il recente interesse di Samore nell’indagare la molteplicità dei generi: l’assegnazione di ruoli, norme, modelli comportamentali e strutture di potere. Le apparenze ingannano, e in queste opere siamo messi di fronte alle nostre proiezioni private su desiderio, ossessione, fantasia.
Sam Samore - "The Dark Suspicion"
D'Amelio Gallery, New York, USA
Gennaio 8, 2011
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