Per la sua terza mostra personale, Sam Samore presenta una nuova serie di ritratti dell’attrice francese Juliette Dol. Ogni opera è composta da due immagini, apparentemente scattate a pochi fotogrammi di distanza, che vengono ritagliate e poi unite con una sottile linea nera di separazione. Facendo riferimento diretto al dispositivo cinematografico dello split screen (schermo diviso), le opere risultanti esplorano non solo i rapporti formali e concettuali tra cinema e fotografia, ma fungono anche da indagini approfondite sull’ossessione, sulla narrazione inconcludente e sui complessi corridoi psicologici del desiderio.
Stampate su carta di cotone e caratterizzate dal trattamento distintivo della grana fotografica tipico di Samore, queste immagini in bianco e nero al contempo si rifanno e si distaccano dalle opere precedenti dell’artista. Sebbene la texture e il contenuto evochino serie precedenti – in particolare le sue Situations – in questo caso l’artista offre una visione visiva più completa di un soggetto singolo. La frammentazione, sia spaziale che psicologica, è stata un tema centrale nella pratica di Samore sin dagli anni Novanta; tuttavia, in questi ritratti, la frattura del sé diventa il fulcro principale. La scissione del soggetto in parti rispecchia la separazione tra modella e fotocamera, e tra spettatore e immagine costruita. Gli spazi fisici tra le due “metà” di queste fotografie stimolano il nostro impulso naturale a cercare una sequenza leggibile; proprio la loro indecifrabilità attiva la compulsione a unificare le immagini in un insieme coerente.
Ogni fotografia raffigura Dol nell’atto di un’azione immediatamente riconoscibile ma misteriosa: la vediamo sdraiata su un letto, completamente vestita in una vasca da bagno piena d’acqua, mentre si avvicina a una porta, o mentre attraversa uno spazio buio con una torcia, con lo sguardo fisso su un punto indeterminato in lontananza. Affiancando due immagini leggermente diverse, Samore fa un chiaro riferimento alla fisicità delle pellicole cinematografiche. Le lievi variazioni nella posizione del soggetto o nella profondità di campo della fotocamera conferiscono alle immagini una qualità cinetica che rafforza la sensazione inquietante di accedere solo a frammenti di un tutto. L’accostamento di elementi noti e ignoti richiama direttamente il tema del doppio tipico del Film Noir, anche se Samore si premura di interrompere l’esperienza narrativa, negando in ultima analisi anche solo l’idea di una conclusione.