La mostra presenta il secondo capitolo della nuova trilogia di Sam Samore: Accumulation of Shapes, composta da tre gruppi distinti di immagini, ognuno dei quali è dedicato a una protagonista femminile – un nuovo approccio concettuale nel lavoro dell’artista. Accumulation of Shapes (Part Two), in mostra alla Galerie Gisela Capitain, presenta fotografie di una giovane attrice che rappresenta, in superficie, un ideale classico di bellezza, definito da giovinezza, simmetria, proporzione, sensualità, enigma e potere. Ogni fotografia mostra un apparato di elementi sequenziali apparentemente scomposti – tagliati e poi ricomposti in un’unica immagine, separata da una linea nera verticale. Queste rappresentazioni simultanee evocano la stratificazione della frammentazione temporale e le prospettive spaziali mutevoli – tratti distintivi del Cubismo sintetico e dell’astrazione narrativa “sottosopra”. Come nelle sue opere precedenti, anche in questa nuova serie Samore continua a indagare i segnali della narrazione e i jump cut del mito contemporaneo. Innescando impossibili dubbi su sé stessi e sull’amore, le immagini smantellano le rappresentazioni dell’identità. Utilizzando sempre la stessa persona in ogni fotografia, Samore si concentra per la prima volta sulle manifestazioni di una discontinuità della personalità riformulata.
Mentre il primo gruppo di opere, Accumulation of Shapes (Part One), raffigura una giovane donna apparentemente postmoderna, alla deriva in un mondo di autoesame narcisistico, Accumulation of Shapes (Part Two) propone una protagonista più riflessiva, malinconica e romantica – una giovane donna sensuale che trascende l’adolescenza eterna, l’assorbimento ingenuo in sé stessa, e i conflitti paradossali tra bellezza interiore ed esteriore. È circondata da scenari quotidiani: in piedi su una scala, sdraiata sul pavimento, addormentata in un’autotormentata e malinconica erotizzazione di sé. Lo spettatore si confronta con frammenti enigmatici di una narrazione in cui le motivazioni dell’attrice, così come la struttura stessa della trama, possono solo essere immaginate. L’uso intenzionale della messa a fuoco sfocata, la grana testuale del puntinismo monocromatico e la specificità dell’inquadratura cinematografica accentuano la ricerca frammentaria di senso in una società sempre più dislocata.
Un motivo ricorrente nelle immagini di Samore negli ultimi quarant’anni è lo specchio – il vetro attraverso cui si genera l’effetto speciale del simulacro. Al tempo stesso, utilizzando lo specchio, Samore gioca con i discorsi contemporanei sulla relatività del punto di vista e sulla memoria socio-culturale. Questa nuova trilogia inizia come una ricerca di proposte alternative al disincanto culturale attuale – e ci invita a cambiare le nostre prospettive personali sulla vita. Il cinema di Antonioni e Bergman, la pittura figurativa di Caravaggio e Manet, e il cataclisma del 1968 hanno influenzato l’opera di Samore. Allo stesso modo, l’artista ha analizzato l’arte contemporanea della metà degli anni ’60 e dei primi anni ’70. Samore distilla questo cambiamento di paradigma nel cinema e nell’arte attraverso le sue ossessioni personali, come le rappresentazioni del bello e dell’alienato. Si propone di esaminare la trasformazione della protagonista femminile contemporanea – richiamando figure come Monica Vitti, Kim Novak, Bibi Andersson, Anna Karina, Rita Hayworth, Frida Kahlo, Catherine Deneuve, solo per citarne alcune. L’indagine di Samore sulla figura femminile tocca film come La donna che visse due volte (1958) di Hitchcock – una delle rappresentazioni più inquietanti dell’amore e del desiderio repressi – o La signora di Shanghai (1947) di Orson Welles, capolavoro del noir.