Sam Samore

Larsen Warner Gallery, Stockholm, Sweden

Sam Samore presenta una selezione di immagini tratte dalla sua serie più recente Accumulation of Shapes (Part Two), 2015, e dalla sua serie storica più nota Allegories of Beauty (Incomplete), degli anni ’90 – che insieme offrono spunti e contrasti illuminanti all’interno del suo provocatorio corpus di opere. Come terzo elemento di questo progetto retrospettivo, Samore collega la sua riflessione sull’interazione tra cinema e pittura attraverso la proiezione di una selezione di cortometraggi: Compendium of Perplexities (2011), Glossary of Delusions (2010) e Archipelago of Enigmas (2012). I tre film formano un trittico, pur essendo concepiti come opere autonome. Seguiamo diversi personaggi in sequenze non lineari e oniriche, riconoscibili nel linguaggio artistico tipico di Samore. Allegories of Beauty (Incomplete), sviluppata negli anni ’90, ha definito il suo linguaggio visivo unico e oggi immediatamente riconoscibile: fotografie cinematografiche, granulose, in bianco e nero, di grande formato, che ritraggono volti di individui in diversi stati psicologici – il bello, il disincantato, e altre rappresentazioni del sé discontinui. Le immagini di Samore somigliano a fotogrammi di un film immaginario, ipnoticamente sfuggente, che stimola l’inconscio – dove i suoi personaggi agiscono sulle nostre proiezioni, ossessioni, desideri e paure. Le zone del corpo erotiche e feticizzate hanno avuto un ruolo centrale nelle sue ricerche, e la mostra presenta un’immagine di labbra tratta proprio da Allegories of Beauty (Incomplete). Questa sensibilità fondamentale attraversa anche la trilogia più recente Accumulation of Shapes, ma per la prima volta Samore sceglie di smontare i metodi narrativi tradizionali concentrandosi su un’unica attrice. Ogni immagine presenta la stessa persona in uno scenario enigmatico, ed è composta da due fotogrammi apparentemente diversi della stessa scena – tagliati, poi uniti, ma separati da una linea nera verticale. Questa frattura del piano dell’immagine “realistica” crea una frammentazione temporale e prospettive spaziali fluttuanti – con riferimenti al Jump cut cinematografico e al Cubismo sintetico. Samore continua a impiegare messa a fuoco sfocata e grana accentuata per sviluppare ulteriormente le sue idee di dislocazione psicologica, spaziale e tematica. Samore affronta una delle sfide filosofiche più complesse del discorso postmoderno: il fatto che il "sé" non sia più un dato acquisito, né chiaramente definito. Ciò che caratterizza l’intera opera di Samore è la qualità ipnotica delle sue immagini, che spingono lo spettatore a guardare più a lungo, a desiderare di più. È difficile staccarsi da questi scenari, che costituiscono un ibrido tecnico e concettuale magistrale tra cinema, fotografia e pittura.

Aprile 1, 2017
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